Dalla digital transformation la fine del capitalismo

Le persone sono cambiate. Rispetto a 20-30 anni fa il cambio è macroscopico: parliamo di comportamenti, abitudini, bisogni, desideri... Ma è possibile un cambio sociale così importante che non porti con se un cambio dei paradigmi economici dominanti?

Proviamo a chiederci se l'essere umano possa continuare ad accettare le distorsioni dell'economia capitalista in uno scenario socioemotivo così differente?

La digital transformation che sta cambiando i business model delle aziende e le abitudini lavorative è la punta di un iceberg che permea cambiamenti in tutte e direttive sociali.

Quello che è chiaro è che il modello del capitalismo tradizionale non può spiegare e reggere alla nuova ondata di trasformazione economica e sociale. Capire dove andremo non è la parte più semplice della vicenda. 

La new "economy" porta ad una "new society"

New economy è una parola che descrive le nuove industrie e settori economiche ad alta crescita che sono all'avanguardia della tecnologia e sono la forza trainante della crescita economica. Si ritiene che la nuova economia sia iniziata alla fine degli anni '90, quando strumenti ad alta tecnologia, in particolare Internet e computer sempre più potenti, si sono fatti strada nel mercato dei consumatori e delle imprese. La nuova economia era vista come un passaggio da un'economia manifatturiera basata sulle materie prime a una che utilizzava la tecnologia per creare nuovi prodotti e servizi a un ritmo che la tradizionale economia manifatturiera non poteva eguagliare.

L'idea che fosse arrivata una new economy faceva parte dell'isteria che circondava la bolla tecnologica della fine degli anni '90 e dei primi anni 2000. Senza considerare pienamente i fondamenti, gli investitori e le istituzioni finanziarie aumentarono i prezzi delle azioni del settore tecnologico a massimi senza precedenti. La new economy è stata variamente annunciata come l'economia della conoscenza, l'economia dei dati, l'economia dell'e-commerce e così via. L'entusiasmo per il settore tecnologico ha fatto più danni che benefici alla fine degli anni '90, tuttavia, e la velocità con cui queste aziende sono state spinte a diventare la prossima Microsoft ha probabilmente distrutto molte idee di business potenzialmente buone nel perseguimento di quelle grandi idee. Sebbene la bolla tecnologica sia scoppiata dopo poco tempo, molte delle restanti aziende come Google, Amazon e Facebook sono rimaste innovative e all'avanguardia della tecnologia.

Ed oggi guidano una nuova economica che sta drasticamente cambiando lo scenario economico e sociale.
La spinta e i paradigmi della digital transformation arrivano spesso da queste grandi aziende tecnologie che segnano la via maestra con dei paradigmi di business che poi vengono emulati anche dal basso. Ma non esistono sono Apple, Google, Facebook... Il mondo che è stato trasformato dall'avvento del digital è molto più vasto ed articolato e sempre più aziende hanno intrapreso la strada della trasformazione digitale del proprio business model.

Questo ha indubbie ripercussioni non solo all'interno elle dinamiche economiche e di business dei settore in cui la digital transformation arriva. La tecnologia e il digitale hanno cambiato la forma mentis delle persone: il drastico colpo al settore tradizionale dei venditori, soppiantanti dalle ricerche su Google effettuate dal cliente quando sorge la problematica che porterà all'acquisto di un bene o un servizio, sta rendendo obsoleto il ruolo del mediatore commerciale.

Già nel 1999 con il Cluetrain Manifest si delineava una nuova metodologia di approccio al mercato con l'enunciazione "i link hanno sovvertito la gerarchia". Modelli di rapporti sociali plasmati del broadcast tradizionale, sono stati trasformati in modelli peer to peer, dove il consumatore reclama un rapporto diretto con il brand, esprime bisogni in real time e tenta di soddisfarli senza mediazioni, si sente protagonista e non più attore passivo dello scenario socioeconomico.

Ma... un momento... questo enorme cambiamento sociale e economico avviene sempre all'interno del sistema capitalista?

Sì, almeno per ora, almeno in parte.
Ma molti di questi segnali ci raccontano un'altra storia, una storia che potrebbe cambiare ancora una volta il mondo.

La fine dell'economia capitalista?

Per gran parte del XX° secolo la sinistra post marxista ha concepito il primo stadio di un'economia in grado di superare il capitalismo come un'implosione interna dei meccanismi del mercato, un'autodistruzione dall'interno. La forza per superare il capitalismo sarebbe arrivata dalla classe operaia, sia alle urne che alle barricate, insoddisfatti della situazione economica e di indigenza alla quale l'implosione del mercato interno avrebbe portato. Quindi con l'opportunità fornita dagli episodi di collasso economico in un paese sarebbero stati l'incipit della nuova fase post capitalismo.

Quello a cui abbiamo invece assistito negli ultimi 25 anni, con queste crisi del sistema capitalista, è stato il crollo del progetto della sinistra. Il mercato ha distrutto il piano post marxista; l'individualismo ha sostituito il collettivismo e la solidarietà; la forza lavoro enormemente espansa del mondo sembra un "proletariato", ma non pensa più o si comporta come una volta.

Ma nel processo di sviluppo economico, la tecnologia ha creato una nuova via d'uscita, che i resti della vecchia sinistra - e tutte le altre forze influenzate da essa - dovrebbero abbracciare (o morire o smettere di chiamarsi sinistra e continuare ad essere il partito della Confindustria nazionale). Si scopre che il capitalismo non sarà smantellato dalle marce degli "operai". Sarà superato creando qualcosa di più dinamico e che esiste, inizialmente - al momento - quasi invisibile all'interno del vecchio sistema; ma è qualcosa che sfonderà, rimodellando l'economia attorno a nuovi valori e comportamenti.
Qualcuno lo chiama post capitalismo, ma in qualunque modo si vorrà chiamarlo è la digital transformation che sta dando avvia alla nuova era.

Come con la fine del feudalesimo 500 anni fa, la sostituzione del capitalismo con quello che sta venendo sarà accelerata da shock esterni e plasmata dall'emergere di un nuovo tipo di essere umano, con una nuova socialità, nuovi bisogni, pulsioni e desideri. Ed è iniziato tutto già iniziato.

Il superamento del capitalismo è possibile a causa di tre importanti cambiamenti che la tecnologia dell'informazione ha portato a tutti nell'ultimo quarto di secolo.

Innanzitutto, ha ridotto la necessità lavorare: sono diventati più labili i confini tra il tempo dedicato al lavoro e il tempo tempo libero, allentato la stretta correlazione tra lavoro e salario. La prossima ondata di automazione - attualmente bloccata perché la nostra infrastruttura sociale non può sopportarne le conseguenze - ridurrà enormemente la quantità di lavoro necessario, non solo per sopravvivere ma mirerà a fornire una vita dignitosa a tutti.

In secondo luogo, le informazioni stanno corrodendo la capacità del mercato di stabilire correttamente i prezzi. Questo perché i mercati si basano sulla scarsità mentre le informazioni sono sempre più abbondanti. Il meccanismo di difesa del sistema consiste nel formare monopoli - le gigantesche società tecnologiche - su una scala così grande, che risulta anche difficile percepirli; ma non si può continuare a lungo con questo accentramento, è un modello che, per come il mondo sta cambiando, non può durare. Costruendo modelli di business e condividendo valutazioni basate sull'acquisizione e la privatizzazione di tutte le informazioni prodotte socialmente, queste aziende stanno costruendo un fragile edificio aziendale in contrasto con il bisogno fondamentale dell'umanità, che è quello di usare liberamente le idee e favorire la libera circolazione delle informazioni. Il dato diventerà un modello diffuso, patrimonio di tutti.

Terzo, stiamo assistendo all'ascesa spontanea della produzione collaborativa: stanno comparendo beni, servizi e organizzazioni che non rispondono più ai dettami del mercato e alla gerarchia gestionale. Il più grande prodotto informativo al mondo - Wikipedia - è realizzato gratuitamente da volontari, e, di fatto, ha cancellando il business dell'enciclopedia, privando l'industria pubblicitaria di circa 3 miliardi di dollari all'anno di entrate.

Quasi in modo inosservato, nelle nicchie e nelle cavità del sistema di mercato, intere parti della vita economica stanno iniziando a muoversi a un ritmo diverso. Le valute parallele, le banche del tempo, le cooperative e gli spazi autogestiti... si sono moltiplicati, a malapena notati dalla professione economica, e spesso come risultato diretto della frantumazione delle vecchie strutture nella crisi post 2008.

Nuove forme di proprietà, nuove forme di prestito, nuovi contratti legali: negli ultimi 10 anni è emersa un'intera sottocultura aziendale, che i media hanno soprannominato la "sharing economy", l'economia della condivisione. Parole d'ordine come "beni comuni" e "peer-production" vengono utilizzate sempre più spesso, ma pochi si sono preoccupati di chiedere che cosa significhi questo sviluppo per il capitalismo stesso.

L'alba del capitalismo digitale

Finora, le società della Silicon Valley hanno fissato il ritmo della trasformazione digitale. Le principali società del capitalismo digitale non solo provengono dalla Bay Area o, come Amazon (con sede principale a Seattle), da altre località della costa occidentale americana. La Silicon Valley è diventata un ecosistema dinamico per le start-up che seguono l'esempio dei giganti digitali e talvolta si sono trasformate in importanti attori economici. Ciò è dovuto a un ambiente economico unico in cui enormi quantità di capitale incontrano una specifica ideologia dell'innovazione, imprenditori che assumono rischi e una forza lavoro tecnologicamente altamente qualificata.

La crescita di società come Airbnb (valutato 30 miliardi di $) o Uber (66 miliardi $) in pochi anni è stata possibile solo a causa di ingenti somme di capitale di rischio, che è la forma predominante che il capitale di investimento assume nell'economia digitale della Bay Area. Il capitale di rischio nel mondo delle startup ha sviluppato una propria logica economica specifica. Secondo quella che è diventata il pensiero dominante in quest'area, nove startup su dieci falliscono prima di creare entrate. Per i venture capitalist, ciò significa che un investimento su dieci deve creare entrate che superano le perdite delle altre nove. Perché ciò sia possibile, una startup deve diventare una vera superstar che domina un mercato redditizio.

Il termine operativo per questo tipo di processo è "innovazione dirompente." Una nuova società sviluppa un prodotto che cambia radicalmente le regole del gioco e si impadronisce di un intero mercato: un motore di ricerca rivoluziona l'accesso alle informazioni (Google), un nuovo dispositivo digitale mobile viene utilizzato per gran parte delle operazioni precedentemente svolte con personal computer o laptop (iPhone), una piattaforma digitale collega i clienti alle persone che offrono servizi di autista con i loro veicoli privati, eliminando le compagnie di taxi tradizionali (Uber).

Le innovazioni più dirompenti che sono apparse negli ultimi anni assumono la forma organizzativa delle piattaforme digitali. Le piattaforme digitali sono state descritte come mercati a due facciate che creano valore collegando domanda e offerta. Tali piattaforme comportano effetti di rete, il che significa che diventano più utili ai clienti man mano che un numero maggiore di utenti si unisce. Le piattaforme di successo hanno quindi la tendenza a diventare quasi monopoli. Queste piattaforme sono generalmente mercati di proprietà privata. Una volta che una società domina o piuttosto possiede un mercato, si suppone che i suoi clienti diventino così dipendenti da essa che l'impresa può fissare i suoi margini più o meno come vuole. Questo è il motivo per cui le piattaforme digitali di solito cercano di crescere a tutti i costi.

Il modello di piattaforma del capitalismo digitale, in stile Silicon Valley, ha ovviamente un prezzo sociale. Si è discusso molto sulla crescente disuguaglianza sociale nella Bay Area. Una classe di esperti tecnologici altamente qualificati beneficia chiaramente del boom dell'economia digitale. Tuttavia, gran parte della popolazione è lasciata fuori. Inoltre, sembra che il successo di molte piattaforme digitali si basi sulla polarizzazione sociale e sulla svalutazione di alcuni lavori della classe media. Da un lato, le piattaforme di solito hanno un nucleo molto piccolo di personale regolare con posti di lavoro dignitosi e ben retribuiti, ma anche grandi periferie con persone che vivono dalla piattaforma, anche se non lavorano formalmente per esso. I conducenti Uber o le persone che offrono il loro lavoro tramite piattaforme di crowdsourcing sono lavoratori autonomi. Prima che queste piattaforme venissero implementate nel rispettivo campo di lavoro, i loro lavori venivano spesso trovati in filiali altamente regolamentate (come il settore dei taxi) e in grandi organizzazioni che avevano meccanismi specifici per rappresentare gli interessi dei dipendenti. L'asso nella manica della piattaforma, ovviamente, è l'implementazione dei prezzi in dumping, che vanno a spese dei dipendenti.

Così detta, nel modello delle grandi innovazioni dirompenti di San Francisco, sembra che pur prospettandosi la fine della società capitalista, il nuovo mondo digital costruisca ed accresca il capitale sulla pelle delle masse, escluse dai benefici diffusi del nuovo capitalismo?

Il capitale di rischio anziché il capitale di produzione è la forza trainante di questi sviluppi.
Ciò sembrerebbe implicare una dinamica di innovazione digitale che comporta cambiamenti incrementali nei modelli di business tradizionali anziché interruzioni radicali. L'importante mercato (emergente) per i servizi di mobilità è un buon esempio di questo tipo di processo e delle coalizioni sociali sottostanti a cui è collegato. Uber non è mai diventata una forza importante nel mercato tedesco, nonostante i suoi ingenti investimenti. Nel 2015 i tribunali tedeschi hanno stabilito che UberPop (l'app che collegava i clienti a conducenti privati ​​senza licenza) ha violato la legge tedesca, una sentenza che è stata confermata nel frattempo da tribunali su diversi livelli di giurisdizione.

Allo stesso tempo, Daimler con la sua app mytaxi è diventata il leader di mercato in Germania per il collegamento con taxi regolari e autorizzati, e sia Daimler che BMW hanno ampliato le proprie filiali di car sharing.

mytaxi

Questi modelli di business non solo preservano specifiche normative di mercato, come nel settore dei taxi, ma non infliggono ai lavoratori una dipendenza dal mercato senza coperture. Sembrano anche avere il potenziale per mantenere nuovi posti di lavoro nelle filiali digitali delle aziende vicino al loro core altamente regolamentato, aggirando così il tipo di sviluppo dei salari e di polarizzazione tipico delle piattaforme in stile Silicon Valley.

Sembrano dei correttivi che la legislazione europea riesce a fare, per calmierare l'effetto della "trasformazione dirompente" sulle classi sociali più deboli o più esposte.

Mentre il capitalismo digitale finora riguarda l'ascesa di intermediari (piattaforme digitali) che mirano principalmente a razionalizzare i consumi e sembrano favorire la polarizzazione sociale, l'industria 4.0 sembra indirizzare la redditività dei produttori tradizionali e come possono integrare la logica delle piattaforme digitali nei loro modelli di business esistenti.
Il futuro dirà da che parte andrà il capitalismo digitale.

Il capitalismo di sorveglianza

Shoshana Zuboff, molti anni fa - nel 1988, per essere precisi - come una delle prime donne professore alla Harvard Business School con una cattedra, pubblicò un libro di riferimento, "The Age of the Smart Machine: The Future of Work and Power", che cambiò il modo in cui abbiamo pensato all'impatto dell'informatizzazione sulle organizzazioni e sul lavoro. Ha fornito il resoconto più approfondito, fino ad allora, di come la tecnologia digitale stava cambiando il lavoro di manager e lavoratori.

Nel libro "The Age of Surveillance Capital" ci dà degli elementi preziosi per capire il nuovo modello economico che supera il capitalismo. Questi sono gli stralci di una sua intervista al The Guardian, che ci fanno capire il tema, per noi prezioso, di un nuovo tipo di capitalismo.

Age Of Surveillance capitalismo

Il "capitalismo di sorveglianza", in inglese definito il "Surveillance Capital" è una creazione umana. Vive nella storia, non nell'inevitabilità tecnologica. Fu sperimentato ed elaborato attraverso tentativi ed errori su Google più o meno allo stesso modo in cui la Ford Motor Company scoprì la nuova economia della produzione di massa o la General Motors scoprì la logica del capitalismo manageriale.

Il capitalismo di sorveglianza è stato inventato intorno al 2001 come la soluzione all'emergenza finanziaria ai danni dell'albero delle dotcom, dopo l'euforia sulla new economy scatenata alla fine degli anni '90, quando la neonata economia digitale ha fatto fronte alla perdita di fiducia degli investitori. Con l'aumento della pressione degli investitori, i leader di Google hanno abbandonato la loro dichiarata antipatia nei confronti della pubblicità. Decisero invece di aumentare le entrate pubblicitarie utilizzando il loro accesso esclusivo ai registri dei dati degli utenti, in combinazione con le loro già notevoli capacità analitiche e potere computazionale, per generare previsioni sulle percentuali di clic degli utenti, prese come segnale di pertinenza di un annuncio.

A livello operativo questo significava che Google avrebbe riutilizzato la sua crescente cache di dati comportamentali e sviluppato metodi per cercare, in modo aggressivo, nuove fonti di reddito da questo surplus di informazioni.

La società ha sviluppato nuovi metodi di acquisizione segreta delle eccedenze d'informazione in grado di scoprire dati che gli utenti hanno intenzionalmente scelto di mantenere privati, nonché di dedurre - grazie ai modelli comportamentali e statistici - molte informazioni personali che gli utenti non hanno fornito o non avrebbero fornito. E questo surplus verrebbe quindi analizzato per scovare i significati nascosti che potrebbero prevedere il comportamento del click-through. Tutti questi dati extra sono diventati la base per nuovi mercati di previsioni chiamati pubblicità mirata.

Ecco l'origine del capitalismo di sorveglianza, in una miscela senza precedenti di fattori economici e tecnologi, per altro molto redditizia: surplus comportamentale, scienza dei dati, infrastruttura materiale, potenza computazionale, sistemi algoritmici e piattaforme automatizzate. Con l'aumento delle percentuali di clic, la pubblicità è diventata rapidamente importante quanto la ricerca. Alla fine divenne la pietra angolare di un nuovo tipo di commercio che dipendeva dalla sorveglianza online su vasta scala.

Il successo di questi nuovi meccanismi è diventato visibile solo quando Google è entrato in borsa nel 2004. È stato allora che ha finalmente rivelato che tra il 2001 e la sua IPO del 2004, i ricavi sono aumentati del 3.590%.

Il capitalismo di sorveglianza non è più limitato alla pubblicità più di quanto la produzione di massa fosse limitata alla fabbricazione del Ford Model T.
Divenne rapidamente il modello predefinito per l'accumulazione di capitale nella Silicon Valley, abbracciato da quasi ogni startup e app. Ed è stato un dirigente di Google - Sheryl Sandberg - che ha interpretato il ruolo di Typhoid Mary, portando il capitalismo di sorveglianza da Google a Facebook, quando ha firmato come numero due di Mark Zuckerberg nel 2008. Ormai non è più limitato alle singole società o addirittura a il settore internet. Si è diffuso in una vasta gamma di prodotti, servizi e settori economici, tra cui assicurazioni, vendita al dettaglio, sanità, finanza, intrattenimento, istruzione, trasporti e altro ancora, dando vita a nuovi ecosistemi di fornitori, produttori, clienti, market maker e attori del mercato. Quasi ogni prodotto o servizio che inizia con la parola "intelligente", "smart" o "personalizzato", ogni dispositivo abilitato a Internet, ogni "assistente digitale", è semplicemente un'interfaccia della catena di approvvigionamento per il flusso senza ostacoli di dati comportamentali, sulla sua strada per prevedere il nostro futuro in un'economia di sorveglianza.

Nativi digitali "è una frase tragicamente ironica. Sono affascinata dalla struttura della conquista coloniale, in particolare i primi spagnoli che sono inciampati nelle isole dei Caraibi. Gli storici lo chiamano il "modello di conquista", che si svolge in tre fasi: misure legalistiche per fornire all'invasione una lucentezza di giustificazione, una dichiarazione di rivendicazioni territoriali e la fondazione di una città per legittimare la dichiarazione. All'epoca Colombo dichiarò semplicemente le isole come il territorio della monarchia spagnola e del papa.

I marinai non potevano immaginare che stessero scrivendo la prima bozza di un modello che sarebbe riecheggiato nello spazio e nel tempo fino al 21° secolo digitale. Anche i primi capitalisti della sorveglianza hanno conquistato una dichiarazione. Hanno semplicemente dichiarato la nostra esperienza privata di navigazione e rapporto con il digitale come la loro, per presa, e la traduzione in dati di loro proprietà privata come una necessità; di conseguenza, le loro conoscenze sono proprietarie.

Google ha iniziato dichiarando unilateralmente che il World Wide Web doveva prendere come paradigma il suo motore di ricerca. Il capitalismo di sorveglianza ha avuto origine in una seconda dichiarazione che rivendicava la nostra esperienza privata come base per i suoi ricavi che derivano dal raccontare e vendere le nostre fortune (cosa facciamo online) ad altre imprese. In entrambi i casi, ci è stato tolto senza chiedere. Page [Larry, co-fondatore di Google] prevedeva che le operazioni in eccedenza si sarebbero spostate oltre l'ambiente online nel mondo reale, dove i dati sull'esperienza umana sarebbero stati catturati in quantità in modo gratuito. A quanto pare, la sua visione rifletteva perfettamente la storia del capitalismo, caratterizzata dal prendere cose che vivono al di fuori della sfera del mercato e dichiarare la loro nuova vita come merce di mercato.

Siamo stati colti alla sprovvista dal capitalismo di sorveglianza perché non c'era modo di immaginare la sua azione, non più di quanto i primi popoli dei Caraibi avrebbero potuto prevedere i fiumi di sangue che sarebbero fluiti dalla loro ospitalità verso i marinai che apparivano fuori aria sottile che sventola lo stendardo dei monarchi spagnoli. Come i caraibici, abbiamo affrontato qualcosa di veramente senza precedenti.

Una volta abbiamo cercato Google, ma ora è Google che ci cerca. Una volta pensavamo che i servizi digitali fossero gratuiti, ma ora i capitalisti di sorveglianza pensano a noi come merce gratuita.

Il capitalismo immateriale di Stefano Quintarelli

Così l'introduzione al nuovo libro di Stefano Quintarelli (uno che le prime startup in Italia le faceva quando ancora il termine startup non era stato coniato) "Il capitalismo immateriale", come viene presentata su Amazon.

"L'economia immateriale è qui per restare. L'innovazione tecnologica ha ormai superato il suo punto di non ritorno e sta disegnando intorno a noi un mondo che è rapidamente cambiato. La rivoluzione digitale - ormai è chiaro - si configura di una potenza paragonabile a quella industriale del primo Ottocento o a quella agricola di 10000 anni fa: un drastico e radicale punto di rottura nella vita di ciascun essere umano.
Siamo pronti a gestire le conseguenze di questo immane scossone? Secondo Stefano Quintarelli, che si è occupato di questi temi fin dagli albori di Internet, non molto. Larga parte dell'opinione pubblica vive spaesata in un mondo che non riesce più a decifrare e di cui non conosce i meccanismi profondi.
Ma se sono gli uomini a dover prendere in mano il proprio destino, è bene che tutti noi impariamo a capire il nostro nuovo ambiente digitale, che già ora (e sempre più in futuro) è diventato la nostra casa. Questo libro è lo strumento adatto per capire cosa sta succedendo.
Lo spostamento di interesse che il capitalismo ha mostrato dall'economia materiale - nella quale si producevano beni tangibili - all'economia immateriale - nella quale si instaurano intermediazioni, che hanno regole differenti - porta con sé cambiamenti epocali nella nostra vita quotidiana, che la politica (e dunque i cittadini) deve imparare a gestire e governare, se ha a cuore il bene comune. 
È una sfida colossale, che si sta sviluppando a ritmi frenetici. Nell'economia immateriale produrre, riprodurre, archiviare e spedire informazioni non costa nulla. Questo ha cambiato le regole del gioco al punto tale che le più grandi compagnie di intermediazione (nomi conosciuti come Facebook, Google, Amazon, Apple, Airbnb, Uber, ma anche molti altri, meno noti al grande pubblico) hanno fatturati che spesso superano quelli di una nazione, con margini da capogiro. Naturalmente osteggiano ogni trasformazione dannosa per i loro profitti.
È una situazione inedita, che ha conseguenze pervasive nella vita di tutti, dalle relazioni sociali, alla salute, alla sicurezza e in particolare sulle prospettive future del lavoro. Tornare indietro, come farebbero i luddisti, è semplicemente impossibile; andare avanti senza governare il cambiamento è estremamente pericoloso. Non resta che capire cosa sta succedendo e agire per volgere a nostro vantaggio questa nuova sfida."

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Ed è proprio questo che devono fare le aziende con la Digital Transformation. Quindi, torniamo all'interno delle nostre aziende, per capire come affrontare un nuovo scenario di cui nessuno conosce i risvolti a lungo termine, ma che appare sempre più chiaro, ruoterà attorno al digitale e all'innovazione cotante.

Conclusione: qualunque scenario contempla una nuova prospettiva per le aziende che vogliono prosperare

Mettiamola così: c'è chi la via la indica, c'è chi la segue e chi se ne sceglie un'altra. 
Noi crediamo che l'economia del dato sia oramai la strada che si deve perseguire per poter rimanere nel mercato. Abbracciare l'innovazione digitale con la trasformazione del business model all'interno del framework che presenta la digital transformation è un imperativo.
Vivere o morire, qualunque sia lo scenario post capitalista a cui stiamo andando incontro, significa conversione digital o non digital.

Marc Andreessen ha scritto (o detto): "In short, software is eating the world".

Marc_Andreessen

Le aziende che non adottano il software muoiono. Dove per "adottare" si intende basa il loro business model sullo sviluppo ed implementazione del software nei loro prodotti e servizi.
Sono sorpassate da organizzazioni più efficienti o completamente sostituite da nuove tecnologie dirompenti.

A questo punto, ci sono innumerevoli esempi:

  • La distribuzione dei media (notizie, musica, film) è stata rivoluzionata da Internet. Le società che si occupavano di media erano solite controllare completamente i propri mezzi di distribuzione. Al giorno d'oggi le persone ricevono le loro notizie da Twitter, la loro musica da iTunes (che ha frammentato le vendite degli album in singole tracce) o riproducendole in streaming da Spotify. Ottengono i loro film, prodotti con software, su Netflix. Queste industrie stanno realizzando ora, troppo tardi, quanto sia importante possedere il loro canale di distribuzione digitale.

  • L'industria automobilistica sta adottando un software sempre più sofisticati per ridurre i costi e migliorare la sicurezza e l'esperienza dell'utente di guida. Tutto utilizza il software: dal rilevamento dei punti ciechi, al parcheggio autonomo / alla guida autonoma, al calcolo delle strategie ottimali di iniezione e ricarica della batteria. Tesla è stato in grado di entrare in un mercato competitivo do e esistevano dei colossi storici e diventare un attore di primo piano in pochi anni in parte grazie alla sua migliore applicazione del software.

  • Il software nel settore finanziario è un evidente fattore di differenziazione competitiva. Gli algoritmi di trading ad alta frequenza hanno portato 20 miliardi di $ di profitti alle banche. Dal lato dei consumatori, ora, è un'aspettativa basilare che le banche dispongano di una gamma di servizi web: pagamento delle bollette, pagamento delle multe, deposito di assegni , ecc.


Il software di terze parti è solo l'80% della soluzione.
Esistono molte soluzioni software davvero eccezionali per risolvere i problemi aziendali tipici. Anche noi in ICT ne usiamo alcune: app Google, Slack, HubSpot e molte altre. Le adoriamo e ci hanno aiutato a migliorare un sacco di cose.
Ma con tutti questi strumenti di terze parti, raggiungerai inevitabilmente un punto in cui desideri che qualcosa venga fatto in modo leggermente diverso, per adattarsi al meglio al tuo modello di business e a dinamiche che stanno funzionano. Spesso finisci per far fare ad aziende come la nostra un po' di lavoro di sviluppo per ottenere ciò che hai in testa.
Vediamo molte aziende che necessitano di dashboard di dati strategici personalizzati, raccolti con un connettore tra diverse applicazioni e un'applicazione di business intelligence.
Molte aziende vorrebbero integrare profondamente molteplici servizi, ERP, e-commerce, CRM.... Questo in genere richiede una certa comprensione delle API e del loro utilizzo.
Mettere insieme i tuoi strumenti, in modo che facciano esattamente ciò che desideri richiederà uno sviluppo personalizzato. 
Il software creato per le le esigenze di tutti, spesso, non è fatto per la tua azienda. Spesso i processi nelle organizzazioni sono stati codificati con fatica e sono ben radicati, troppo ben radicati... al punto che l'abbandono di un flusso di lavoro rigido, che ha richiesto molte iterazioni e un sacco di ostacoli "politici" per diventare uno standard aziendale, potrebbe essere troppo sconvolgente.
Questi processi sono speciali perché si adattano perfettamente al tuo personale, ma non sono speciali per motivi tecnici. Possono ancora essere resi più efficienti con il software. Potrebbe essere necessario creare software per questi stessi processi, perché un software che permetta di portarli digitalmente "as is" non esiste.
È possibile che i problemi affrontati nella tua organizzazione possano essere problemi che non hanno soluzioni SaaS esistenti.
Per quello Andreessen insiste con il mantra che "in futuro ogni azienda sarà un'azienda di software". Che sia con fornitori esterni che con competenze interne, l'idea di sviluppare soluzioni software personalizzate e proprietario per le operations, per il customer support o in intimità con il prodotto che offri, non sembra più qualcosa di opzionale.

Come vedi non è più un modello economico che si basa sulla proprietà dei mezzi di produzione e sul rapporto salariale con i dipendenti, dal quale si trae - con la lavorazione della materia prima o meno - un surplus economico che va ad accrescere il capitale. Qui parliamo di capacità di accumulare informazioni ed usarle per migliorare il servizio e il prodotto, plasmandolo sui comportamenti e sui bisogni dei clienti.

Riesci ancora a chiamarlo capitalismo?

 

 

Fonti: